Come cambia il credito al consumo con analytics e credit automation: intervista a Gianluigi Davassi, CEO di faire.ai

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Fonte: Arenadigitale

Il vasto mondo nato a seguito della normativa PSD2 è stato presto popolato da realtà fintech pronte a intercettare le esigenze dell’ecosistema finanziario, andando incontro e collegando i bisogni di consumatori, imprese e istituti finanziari tradizionali. In questo scenario, si inserisce faire.ai, una realtà fintech specializzata in analytics e credit automation, che impiega l’intelligenza artificiale per analizzare i dati transazionali dei clienti e consentendo agli istituti finanziari di fornire soluzioni di prestito istantaneo: ciò che consente di semplificare la vita dei clienti rendendo il credito al consumo più semplice ed immediato, anche in virtù di un sistema basato su standard equi e inclusivi. Oggi, il credito al consumo sta vivendo una fase di crescita esponenziale ed è anche per questo motivo che si rende necessario capire con la “voce guida” dei protagonisti del settore i suoi aspetti salienti così come le possibili evoluzioni. Oggi ospitiamo il CEO di faire.aiGianluigi Davassi, 42 anni, il quale, dopo una laurea in ingegneria informatica, ha lavorato prima a  Londra e poi si è tuffato nella scena Fintech di Berlino, nel retail banking di N26 come Tech Lead del core banking system. In seguito, ha gestito la migrazione tecnologica da Wirecard nel momento dell’acquisizione della licenza bancaria, focalizzandosi sulla realizzazione della piattaforma tecnologica e sui pagamenti. Poi ancora, in Messico, ha fondato insieme ad altri due co-founders Klar, una banca retail dedicata ad un prodotto finanziario tecnologicamente avanzato di credito al consumo principalmente rivolto alla società “unbanked” messicana.

È stata proprio l’esperienza maturata in queste realtà che gli ha permesso di comprendere i punti di forza e le lacune dello scenario finanziario e di fondare faire.ai, con l’obiettivo di sfruttare al meglio le opportunità di settore e proporre qualcosa che possa davvero rappresentare un valore aggiunto sia per i player di mercato sia per gli utenti finali.

Come accennato, il credito al consumo è un settore in fermento che sta vivendo una fase di grande espansione, è corretta questa affermazione e quali sono i fattori di questo cambiamento?

 Sì, lo è. Ed è curioso notare che questo settore, tradizionalmente legato a prassi molto rigide e restio al cambiamento, adesso stia diventando una sorta di hub dell’innovazione. È uno dei segni più evidenti dei benefici che le realtà fintech hanno portato a tutto l’ecosistema. Dopo una fase iniziale in cui i player tradizionali hanno percepito le nuove startup tech come una minaccia allo status quo, il lavoro fatto in questi anni ha convinto tutti della bontà e del valore aggiunto del cambiamento tecnologico. Si è stimolata la spinta innovativa, la percezione che la tecnologia non sia un semplice orpello ma un elemento essenziale di nuovo modo di erogare servizi ai consumatori, mettendo finalmente al centro i loro bisogni e le loro necessità di fruire di processi digitalizzati e veloci, che non soffrano della lentezza dell’interazione umana.

Che cosa è cambiato in particolare rispetto al passato?

Principalmente, le nuove tecnologie hanno portato i player del credit market a riconsiderare il rapporto con i propri clienti. E non si tratta semplicemente di sviluppare una user experience finalmente avanzata e di qualità. Quello che ora si nota, nel mercato del credito al consumo, è la maturata consapevolezza che i tradizionali paradigmi di valutazione del rischio e di concessione dei prestiti non erano più allineati alle caratteristiche di un tessuto sociale radicalmente mutato negli ultimi 20 anni

Il lavoro si è trasformato, con un ampio ventaglio di tipologie contrattuali, entrate differenziate e spesso saltuarie, la diffusione dei freelance e la progressiva adozione dello smart working. Così come sono mutati l’approccio e l’attitudine al risparmio, che si sono adeguati ai periodi di erosione del potere di acquisto. Per questo, oggi, persistere nel considerare come parametri preferenziali l’età, la provenienza e la territorialità rappresenta un pregiudizio dannoso, un ostacolo all’accesso al credito per i consumatori e un limite per le prospettive di business di banche e istituzioni finanziarie. Iniziare invece ad ampliare lo spettro della valutazione del rischio – includendo fattori come le abitudini di spesa e il rapporto tra entrate e uscite – consente di aprire le porte ad un credito più democratico, appoggiato su un set di informazioni più granulari ed esaustive, complementando i dati obsoleti delle centrali di rischio. E per raggiungere questo obiettivo, costruire sinergie con realtà innovative rappresenta un tassello cruciale per gli attori del mercato.

L’idea di fondo del credito al consumo è quella di consentire ad un numero più ampio possibile di consumatore di avere accesso ai prodotti che desiderano e di cui hanno necessità, mantenendo un buon bilanciamento tra desideri e sostenibilità finanziaria. faire.ai come si è inserita in questo contesto? Come contribuisce al cambiamento?

Abbracciando appieno questa sfida, lavorando a supporto dei player tradizionali e non in competizione. Nell’aprile 2020 abbiamo dato vita a faire.ai. La nostra è una realtà fintech B2B, specializzata in analytics e nell’automazione del credito al consumo. L’idea è nata con uno scopo molto preciso: democratizzare l’accesso al credito, sfruttando le opportunità tecnologiche generate dall’open banking e dall’intelligenza artificiale per includere tutta quella platea di utenti che vengono generalmente esclusi dai sistemi tradizionali.

Per costruire il credito del futuro, ci muoviamo su un doppio binario: da un lato, faire.ai ha realizzato una tecnologia unica nel suo genere che riesce ad elaborare – attraverso il Machine Learning e l’intelligenza artificiale – la valutazione del merito creditizio, integrandosi con i modelli di rischio delle banche; dall’altro, promuovere l’inclusione finanziaria aiutando i clienti ad accedere al credito, attraverso valutazioni più inclusive – non soggette a bias cognitivi – e un’esperienza senza frizioni. Tutto passa dalla nostra piattaforma di analytics, che sfrutta l’open banking e altre sorgenti, con cui possiamo accedere ai dati transazionali, analizzarli in tempo reale e calcolare così puntuali indicatori finanziari.

Quali sono le principali caratteristiche della vostra piattaforma che la rendono diversa dalle altre?

È il nostro core product, lo strumento con cui abilitiamo le banche all’erogazione di prestiti istantanei. Appoggiandosi su connessioni sicure e conformi alla PSD2, la piattaforma elabora il flusso di dati transazionali attraverso avanzati algoritmi di Machine Learning per fornire – tramite un’unica API – una valutazione del credito innovativa e affidabile. Per elaborare il merito creditizio di un utente, la nostra piattaforma restituisce insight finanziari che possono integrarsi con i modelli di rischio delle banche e aiutarle a prendere le giuste decisioni per la concessione di prestiti, riducendo sensibilmente il tasso di default. L’analisi dei comportamenti e delle abitudini di spesa consente al nostro modello di Machine Learning di effettuare previsioni sulla affordability, identificando cioè una somma di denaro sostenibile e compatibile con le capacità finanziarie di un utente che permetta di coprire quindi i costi di rate o altri debiti. Questo consente alle banche di avere un quadro più chiaro sulla solidità finanziaria dei clienti e di valutare i profili di rischio secondo canoni più moderni, che tengano appunto conto della moltitudine di informazioni e della granularità che i dati transazionali raccontano molto più di quanto non faccia la semplice storia creditizia.

In che cosa si traduce il nuovo approccio adottato da faire.ai? Che cosa avete sviluppato fino  adesso?

 Abbiamo sviluppato due principali linee di business: una relativa ad analytics insight finanziari, in cui utilizziamo la nostra piattaforma e il Machine Learning per l’analisi dei dati transazionali, restituendo una panoramica completa su comportamenti e abitudini finanziarie che consente di stimare i profili di rischio dei consumatori; l’altra è quella che chiamiamo Lending as a service, in cui abilitiamo all’erogazione di credito istantaneo fornendo soluzioni modulari e personalizzabili che consentono di creare ex-novo un intero flusso di richiesta prestito o di integrare le componenti mancanti all’interno di processi già esistenti. E proprio due prodotti lanciati recentemente sul mercato rappresentano due declinazioni di queste linee di business di cui siamo molto orgogliosi.

Di che si tratta, può darci qualche particolare?

Nell’ambito dell’instant lending, per Banca Progetto abbiamo sviluppato Cream, una mobile app con cui gli utenti possono richiedere prestiti istantanei da 300 a 3.000 euro. Una rappresentazione plastica del connubio di successo tra tecnologia abilitante, dati di valore e una user experience avanzata, senza perdersi nella burocrazia. Una volta scaricata l’app, all’utente basta selezionare l’importo desiderato e il piano di ammortamento preferito. Per inoltrare la richiesta non serve alcuna busta paga né la dichiarazione dei redditi. Grazie alla PSD2 e al gateway di Fabrick, l’utente collega semplicemente il suo conto corrente principale a Cream.

E qui subentra il ruolo centrale della nostra piattaforma. Le informazioni transazionali, raccolte grazie all’aggregazione del conto, vengono analizzate e processate dal nostro motore di intelligenza artificiale per stimare il profilo di rischio. Il risultato è un processo di approvazione istantanea della richiesta e un’erogazione dell’importo in 48 ore. Soprattutto, si tratta di un passo avanti enorme nel dare accesso al credito a tutti coloro che, secondo i vecchi paradigmi, ne sarebbero stati esclusi. Penso ai millennials e alla generazione Z, che tipicamente non hanno una storia creditizia alle spalle e che frequentemente non hanno entrate fisse dimostrabili.

Un bel passo avanti rispetto al passato.

Sì, e non ci siamo voluti limitare a questo. Il progetto per noi è stato talmente stimolante da farci intuire che esistevano margini per fare ancora di più: portare lo stesso approccio anche al pagamento rateale in ambito retail.

E come?

Dando vita a FairePay, uno strumento pensato per supportare lo sviluppo delle PMI italiane in ambito retail, utilizzando il credito come leva commerciale. Si tratta di una web-app che permette agli utenti di rateizzare i propri pagamenti per l’acquisto di beni o servizi presso le PMI convenzionate, richiedendo un prestito personale da 2.000€ fino a 20.000€. Anche in questo caso, una volta scelto il piano di ammortamento e inseriti alcuni dati personali, il cliente collega il proprio conto corrente per ottenere un primo screening sulla sostenibilità del prestito desiderato e inviare la richiesta, senza dover presentare alcun documento reddituale. A concludere il flusso di richiesta del prestito è poi la conferma della propria identità, grazie all’utilizzo di SPID.

Oltre a mantenere fede alla nostra mission di semplificare l’accesso al credito per gli utenti finali, FairePay è stato creato soprattutto come strumento di supporto alle PMI per arricchire la propria offerta di vendita e trarre sensibili vantaggi per il proprio business. Oggi infatti il mercato dei pagamenti dilazionati – che si basa prevalentemente sul modello del Buy now, pay later – tende a rivolgersi soprattutto agli e-commerce, ai brand retail fashion, travel, leisure o elettronica di consumo. Con FairePay abbiamo voluto rivolgere l’attenzione a tutte quelle PMI tradizionalmente non supportate dai sistemi di credito (edilizia, forniture, ristrutturazioni, artigiani, concessionari auto) e che per questo vedono depotenziate le proprie opportunità di business. Implementando FairePay come soluzione di pagamento dilazionato all’interno dei propri punti vendita, queste attività possono sfruttare il credito come leva commerciale per migliorare il tasso di conversione dei preventivi generati, aumentare le vendite e lo scontrino medio.

In base al mix di esperienze nazionali ed internazionali maturate in diversi ambiti, possiamo dire che può godere davvero di un punto di vista privilegiato sull’intero panorama dei servizi finanziari. In base a queste premesse ci può dire quale secondo lei sarà l’evoluzione del credito al consumo, e quali sfide e quali criticità dovrà affrontare?

Una delle sfide principali sarà riuscire a rompere gli schemi e i processi conservativi delle banche. Vogliamo sradicare la logica del “si e’ sempre fatto così”, portando i grandi gruppi bancari a innovare i propri processi.

Uno step fondamentale di questo percorso sarà poi vincere le paure e le resistenze che il mondo retail ha verso l’utilizzo dell’open banking, un cambio di paradigma davvero consistente. Molte persone guardano ancora con timore al collegamento del proprio conto corrente a un servizio terzo, rinunciando così a uno strumento che rappresenta invece un elemento di grande semplificazione. E questa sfida andrà abbracciata attraverso un’importante opera di educazione finanziaria, di promozione del valore che questi cambiamenti che queste innovazioni possono portare nella vita delle persone.

Secondo la vostra vision, invece, in che modo vorreste rendere il credito al consumo più  democratico e inclusivo?

Eliminando tutti quei bias cognitivi che vengono tuttora estratti dai dati conservativi delle centrali di rischio. E per farlo è necessario, per l’appunto, non solo sviluppare nuove soluzioni di business ma avviare un processo di trasformazione culturale dell’intero ecosistema.

Per un mondo del credito che sia equo ed efficiente, da parte delle banche serve un diverso approccio ai dati, contando su nuove sorgenti di informazioni da cui estrarre valore. Proprio quello che proponiamo noi e che chiamiamo data enrichment. Seguendo la nostra filosofia, cioè di essere partner e non semplici fornitori, il nostro lavoro è quello di aiutare le banche ad ampliare la propria visione nell’analisi del merito creditizio. E una visione più ampia e più people-oriented è il primo passo per un credito più meritocratico e inclusivo.

Per concludere questo trittico di domande dedicato alla “divinazione” in ambito finanziario, cosa c’è nel futuro prossimo di faire.ai? Dove vi aspettate di essere tra 5 anni?

Come ogni buon piano industriale che si rispetti, il nostro focus è sia sul breve che sul lungo termine. Prima di tutto, l’obiettivo da perseguire è il consolidamento della nostra posizione all’interno del mercato italiano. Concentreremo i nostri sforzi nel prossimo futuro per diventare il partner tecnologico di riferimento per le banche e le finanziarie italiane, portando il nostro approccio e il valore aggiunto dei nostri analytics all’interno dei loro processi.

Come evoluzione naturale del nostro percorso, poi, ci aspettiamo di rivolgere il nostro sguardo all’estero e abbracciare l’internazionalizzazione. Ponendoci come punto di riferimento per il contesto italiano, ci aspettiamo di estendere il nostro modello, diventando la piattaforma di automazione del credito per banche e challenger bank europee.

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