Crack banche Usa, con una Basilea3 americana non sarebbe successo

Roberto Nicastro, ex Unicredit oggi presidente di Banca Aidexa spiega perchè le regole più stringenti che l’Ue s’è data sulla governance bancaria, mettono al riparo gli istituti di credito dall’assunzione di rischi e ci tengono lontani dal possibile effetto-tsunami del fallimento SVB

«Abbiamo discusso del crollo della Silicon Valley Bank negli Stati Uniti. È una situazione che continuiamo a monitorare attentamente ma l’assetto europeo è abbastanza diverso». Pascal Donohe sembra avere le idee abbastanza chiare. Il crac di SVB preoccupa, ma non sarà uno tsunami per la finanza europea. Il perché, il presidente dell’Eurogruppo, lo ha spiegato chiaro, alla fine di quella riunione dei ministri degli Stati membri dell’Eurozona in cui si è parlato della bufera scoppiata Oltreoceano: «Non vi è alcuna esposizione delle nostre banche» sono state le sue parole.

L’onda micidiale che ha mandato a gambe all’aria la sedicesima banca americana e – a ruota – Signature Bank, seminando il terrore nella finanza Usa e di mezzo mondo, sembra lontana insomma dalle nostre latitudini. Sì ma quanto lontana? Se lo chiedono i mercati e si interroga il mondo bancario del Vecchio Continente, mentre tutti osservano con grande attenzione la ciambella di salvataggio che le istituzioni a stelle e strisce hanno lanciato alla Silicon Valley Bank nel tentativo di bloccare la possibile esplosione della bolla dei titoli tecnologici.

Molti esperti sostengono che dietro il crac di SVB c’è un problema di deregulation su conti correnti, depositi e e tutele. Roberto Nicastro, banchiere dal lungo cursus honorum (è stato quasi vent’anni in Unicredit e anche vicepresidente ABI) e oggi presidente di Aidexa, la fintech per gli imprenditori, ma soprattutto “angel investor” per startup ad alto tasso di innovazione, è uno di questi.

Silicon Valley Bank fallimento per assenza di regole

«La crisi – dice – nasce negli Stati Uniti come effetto di un vuoto di regole. Il governo USA, a differenza della Commissione UE, non ha recepito appieno le regole sulla liquidità emesse da Basilea 3, per cui le banche americane medie hanno assunto rischi di liquidità e mismatch molto maggiori, particolarmente elevati nel caso di SVB e Signature Bank al punto da essersi reso necessario il salvataggio di tutti i loro depositanti guidato dalla FED» aggiunge Nicastro puntualizzando che «l’essere parte di una ristretta community solo digitale ha poi reso la posizione di SVB ancor più rischiosa».

Insomma, quel sistema di regole (Basilea 3 ha imposto agli istituti di dotarsi di un sistema di governance e di un’insieme di informazioni per calcolare il rischio operativo e prevedere situazioni al limite) che il banking europeo s’è dato tra il 2010 e il 2017 (e che tante critiche ha suscitato) è l’ancora che sembra tenerci in un porto, al sicuro e lontani dalle acque perigliose della “finanza creativa”.

Ma davvero il rischio effetto-domino per l’Europa è zero, come ha detto il presidente dell’Eurogruppo Donohe?

In Europa questo rischio non si pone, in quanto i vincoli di liquidità minima, ad esempio NSFR e LCR, si applicano al 100% delle banche, dalle più grandi alle più piccole, con o senza sportelli, sotto la vigilanza della BCE e delle Autorità di regolamentazione. In aggiunta la robustezza di capitale e redditività delle banche europee è materialmente superiore al passato.

Siamo salvi, dunque?

Bè naturalmente il tutto va comunque letto alla luce della crescente stretta monetaria promossa sia dalla Fed che dalla BCE, per cui la situazione complessiva e i rischi di contagio per quanto circoscritti vanno monitorati giorno per giorno ed anche la maggiore o minor flessibilità su tassi e liquidità delle Autorità Monetarie nell’ambito della lotta all’inflazione avranno conseguenze sulla stabilizzazione del quadro.

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